I Diavoli Aranceri: a short reportage from the Carnival of Ivrea. Le foto.

Un paio di mesi fa il mio amico e collega Fabio Camandona (www.camandonapilolla.com) mi ha proposto di fare insieme a lui un breve reportage ad Ivrea durante il Carnevale.

Il progetto era semplice: seguire due aranceri (due membri cioé dell’Associazione “Diavoli Aranceri” tra le compagnie più toste di Ivrea) e raccontare una loro giornata in piazza.

L’idea piace; stretta di mano ed appuntamento alle 12 di lunedì 3 febbraio.

Diario di Bordo: Arriva la data fatidica, parto la mattina da Bergamo con un pallido sole, la prua puntata verso ovest, verso il cielo livido.  Arrivo allo studio a Cigliano, tempo di un caffé, di fare un breve trasbordo e siamo già in viaggio verso Ivrea e Diavolandia, la casa dei Diavoli durante i giorni del carnevale. Sotto questa enorme tensostruttura, l’unica di tutto il carnevale eporediense, troviamo Marco e Yuri, i nostri soggetti.

Attorno a noi gente che pasteggia, canti, goliardia, bambini che giocano, amici che si ritrovano; due ragazzini si sussurrano segreti occhi negli occhi seduti su una panchina in disparte. Sono cresciuto nell’ambiente delle associazioni alpine, delle feste e del servizio sociale e mi sento a casa, così senza neppure pensarci. Nel frattempo facciamo quattro chiacchiere; i nostri due nuovi amici ci raccontano un po’ dei Diavoli, del carnevale, delle dinamiche della giornata, dei punteggi per le squadre di aranceri. Attorno a noi tutto è giallo ed è rosso: l’inferno, il sole ed il sangue, i colori dei Diavoli. E delle arance. E’ quasi ora ed iniziano a prepararsi per la giornata in piazza.

Yuri è un colosso di un metro e novanta centimetri di muscoli con un sorriso gioviale e scanzonato e si barda con un kilt celtico ed un copricapo da diavolo cornuto; Marco di fianco a lui sembra persino esile ma ha uno sguardo attento e deciso da leader e qualcuno sussurra che sarà il prossimo capo dei Diavoli.

Fabio ed io decidiamo di uscire in Piazza per vedere il concentramento dei carri. Uscire si ma bardati per il diluvio universale: scarponi da montagna, salopette, cerata e guanti da barca, cappello frigio rigorosamente rosso e coperta antiacqua per la macchina.

Capitolo Macchine: Fabio con la Fuji X-E2 con il 18-55 da kit per motivi di sicurezza ed io con la mia Canon 5D MkIII ed il mio obiettivo preferito per il reportage che è il 16-35. Obiettivo che adoro per la buona resa, per l’aggancio velocissimo e per il fatto che puoi sia avere degli sguardi di insieme di tutto rispetto sia dei particolari che per essere fatti devono essere eseguiti da vicino. Mi piace avvicinarmi alle scene, essere dentro ad una situazione, farne parte. Rende l’immagine più intima, partecipata ed immersiva. Per fare questo devo stare fisicamente dentro la scena farmi vedere ed interagire con le persone con tutti gli annessi e connessi. E nella battaglia delle arance significa avvicinarsi ai carri e rischiare un incontro ravvicinato del quarto tipo con un’arancia o il gomito di un combattente a terra.

Ma torniamo alla giornata… una breve sfilata ed i diavoli si schierano nella piazza. Didon, il capo carismatico del gruppo fa un’arringa da accapponare la pelle. Accanto a lui Marco è tranquillissimo. Si guarda in giro come se stesse cercando gli occhi dei suoi confratelli uno per uno, come se ripassasse mentalmente tutti i punti della piazza per organizzare al meglio la guerriglia. Yuri è tra la folla, ed è lo specchio del suo fisico possente: urla, incita, inneggia, abbraccia tutti; ha un sorriso ed una forza spaventosi.

Comincio a capire che la scelta di Marco e Yuri non sia casuale, sono due facce della stessa medaglia, se vogliamo banalizzare sono la maschera della concentrazione e della potenza. Questa impressione è confermata dal loro modo di combattere. Perché è vero che siamo a carnevale, è vero che ci stiamo divertendo, ma le botte sono reali (147 i contusi dell’edizione di quest’anno): spintoni, gomitate, stai lontano dai cavalli, dalle ruote. ed arance, arance come se piovesse. Se hai la macchina fotografica ed il cappello frigio magari non sei soggetto da prendere di mira ma ci sono colpi mal portati, e le arance che provengono da dietro di te o lanciate alla cieca da lontano.

Arance, tante arance, tanto sfogo di potenza ed adrenalina, tanti sfottò ed anche parole pesanti. Ma anche membri di gruppi avversari che si abbracciano. Combattività, lealtà e rispetto.

Quando il carro fa l’ingresso nel campo di battaglia (“Scatenate l’inferno” è scritto al sommo del portale di ingresso della piazza), Yuri urla la sua potenza agli avversari, è in prima fila ad incitare il nemico ad avanzare, come un panzer si fa sotto e ritto lancia delle bordate sopportando una terrificante gragnuola di colpi. Al terzo carro si spoglia giacca e maglia e rimane a petto nudo ad urlare in faccia agli avversari. E ad avanzare, colpire ed essere colpito, incurante di botte, pioggia e freddo.

Marco sembra più pacato, incita i suoi uomini in ogni momento, li dispone, li richiama all’ordine con il fischietto. Continua a guardarsi attorno per controllare tutto. Lo seguo all’arrivo dei carri: da la schiena al carro e lascia che i cavalli sfilino via. Poi improvvisamente si volta e si incunea nell’angolo tra carro e cavalli ed inizia a combattere. Colpi, tanti colpi precisi e potenti; agile finta e scarta. Sono esattamente dietro di lui e mi accorgo che ogni tanto ingaggia un faccia a faccia con un difensore del carro. E’ talmente veloce a spostarsi che per me non è un riparo sicuro com’era invece la rassicurante massa corporea di Yuri, e molte arance a lui destinate mi sfrecciano in parte. Le munizioni terminano e Marco si volta con tranquillità e se ne va. Anche io, come lui, ansimo per lo sforzo di stare concentrato, di guardare i movimenti dei carristi, stare basso ed intanto inquadrare e scattare senza pensare alla macchina o agli occhiali.

Ad ogni assalto la macchina è uno schifo: pioggia sulla lente di protezione a parte pezzi di arance disintegrate ricoprono tutto e tutti. La strada è una purea arancio che mi arriva alla caviglia. Ogni tanto, quando la sporcizia non mi permette di scattare, faccio una sosta nel posto di ristoro. Quando scoprono che sono bergamasco mi offrono di tutto (soprattutto con un grado alcoolico proibito dalla convenzione di Ginevra.

Poi i carri passano e cala un’atmosfera sospesa. Chi ansima, chi si allontana perché ha preso un colpo in faccia, due che si raccontano una brzelletta in dialetto, tanti a bere vin brulé per scaldarsi. Tutti siamo fradici. Yuri sempre muscolare incita, urla, mostra la sua potenza. Marco parla con i suoi uomini, dispone le difese, si guarda in giro.

Due uomini, due figure differenti e complementari, due modi di interpretare il carnevale. Due aranceri.

Ma anche due fotografi, due modi di fotografare, due modi di vedere e riportare i fatti.
Io ho scelto di concentrarmi sui Marco e Yuri, cercando di raccontare i fatti attraverso le loro due figure e personalità eliminando volutamente un elemento prepotentemente presente che è il colore per non distrarre lo spettatore dall’essenza della giornata. Ed ho voluto anche fotografare “sporco” non eliminando le foto con le gocce d’acqua o gli schizzi di arancia sulle lenti. Per ché una guerra è sporca, faticosa e la sporcizia serve nella mia idea a descrivere: è un mezzo espressivo e non un impedimento.

Concludo con un grandissimo ringraziamento ai Diavoli, a Marco Luponi e Yuri Gianotti. Se volete conoscere questo meraviglioso e folle gruppo di persone: http://www.diavoliaranceri.com/